La via Emilia a Milano

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Anche se forse chi vi abita non e' abituato a considerarlo tale, il corso Lodi e' una strada di portata veramente storica, in quanto il suo tracciato risale a piu' di duemila anni fa. E' infatti una delle cosiddette strade consolari, in particolare la via Emilia, che si inurba in Milano diventando poi l'attuale corso di Porta Romana, sotto il quale, nel corso degli scavi per la linea tre della metropolitana, e' stato scoperto cio' che restava di un maestoso quadriportico che delimitava la via.
Risalendo infatti alle sue origini, si scopre che nel II secolo a.C. si costrui' in onore del console romano Marco Emilio Lepido una strada che collegava Rimini a Piacenza, e la si chiamo' Aemilia, dando cosi' il nome alla Regione; in seguito detta strada venne allungata fino a Milano, e la sua costruzione ebbe principalmente uno scopo militare, ed avvenne in seguito alla vittoria di Annibale sui Romani sul Trebbia; si dice infatti che Annibale, nel corso della sua discesa in Italia, gusto' il maiale a Castelnuovo Rangone, situato sulla vecchia strada pedemontana in seguito sostituita dalla via Emilia.
orniamo ora a Milano, ed inoltriamoci sul corso Lodi partendo dai Bastioni. Fino a non molti anni fa, i milanesi che abitavano all'interno delle mura usavano, nei periodi piu' caldi e nei giorni festivi, fare delle scampagnate "fuori porta". Una delle mete preferite erano i cascinali fuori dalla Porta Romana, ed e' qui che ci dirigiamo anche noi, tenendo a mente il famoso quadro di Boccioni "Officine fuori Porta Romana", istantanea scattata da piazza Medaglie d'Oro.
I platani, lungo il viale, arrivavano fino a Rogoredo, e nell'attuale carreggiata di sinistra guardando verso fuori correva il Redefossi, che vi giungeva dopo aver costeggiato i bastioni proveniendo dalla zona di Porta Venezia.
Muovendoci da piazza Medaglie d'Oro, sulla destra troviamo gli edifici del borgo detto della Tamburina (o Tamborina), corrispondenti alle case prima di via Passeroni, tra cui l'ormai condannato edificio al civico 8.
Sulla sinistra, poco dopo, un caratteristico ponticello unisce il corso all'edificio della Carita', antico casolare tuttora visibile all'angolo tra la via omonima e la via S. Gerolamo Emiliani, che svolgeva un tempo le funzioni di ostello, come gia' riferito in altro articolo.
Poco piu' avanti, un edificio sulla destra, detto la Valassina, segnava la curva verso l'odierna via Passo Buole, che era all'epoca anch'essa costeggiata da una roggia, che poi l'attraversava (laddove fino a pochi anni fa si poteva vedere un'antica insegna di "Trattoria - Vini e Liquori" sull'allora civico numero 5/3 della stessa via: l'insegna e' sparita, ma la casa resiste).
All'altezza del numero 38 del Corso Lodi era un caseggiato nominato "Latteria Lombarda", non si sa se perche' luogo di ritrovo dei lattivendoli in attesa di entrare in citta', o sede di cooperativa degli stessi; e del resto anche queste non sono che voci popolari. Di fronte era il cascinale della "Portascia".
Quando all'inizio del secolo circa, si decise che doveva sorgere uno scalo ferroviario nell'area in cui tuttora si trova, e quindi una stazione, ed una serie di industrie, tra cui il notissimo Tecnomasio Italiano Brown Boveri, di cui eventualmente parleremo in altro luogo, si decreto' che venisse costruito un cavalcavia onde separare il transito ferroviario dalla viabilita' comune. Cio' porto' allo sradicamento di parecchi platani ed alla costruzione della cosiddetta "Monta".
La "Monta" sorse percio' sul luogo ove sorgeva il "Pilastrello" (classico toponimo riferito a un miliario di strada consolare romana), caseggiato con osteria posto sul bivio da cui si dipartiva la strada per Chiaravalle (l'attuale direttrice S. Giovanni Bosco, Bessarione, San Dionigi).
Al di la' della "Monta" si raggiungeva l'Isola Fiorita, gruppo di cascine isolate nella ridente campagna, tra cui il Musocchino (il cui nome significherebbe piccolo acquitrino), posto all'altezza del civico 109 di Corso Lodi. Il quartiere alla destra del corso, ove in seguito sarebbero sorte case popolari, abitate da gente che avrebbe poi fatto capo alla Chiesa di San Luigi (costruita alla fine del secolo scorso), ed in cui aveva sede l'"Osteria della Pesa", e dove il Redefossi attraversava il corso, passando dal lato sinistro al lato destro, era chiamata Gamboloita (detta anche popolarmente, come vedremo, "Gamba-la-vita").
.br;Il nome della zona in questione proviene dalla cascina omonima, originaria almeno del '600, e appartenuta ad una famiglia, di nome Gamboloita, proprietaria di tutta la tenuta; la cascina si trovava all'angolo tra corso Lodi e 'attuale via omonima. La famiglia era iscritta al patriarcato milanese gia' al tempo dei Visconti e l'allevamento di mucche sito presso la cascina venne visitato da imperatori e diplomatici (tra questi, Francesco I, imperatore 'Austria, che fece apporre una lapide come testimonianza del suo passaggio). Alla cascina era annesso un oratorio, detto Chiesa dell'Immacolata alla Gamboloita, ove si celebrava una Messa domenicale per tutti gli abitanti dei cascinali el circondario.
Per quanto riguarda il nomignolo popolare, pare che la zona fosse poco sicura, cosicche' i cavallanti e i procaccia che si dirigevano da Milano verso Melegnano e Lodi, riunendosi a Porta Romana, si passavano la parola d'ordine: "Uhei, fioeu, in gamba la vita", ovvero, "Figlioli, attenti ai briganti".
Avendo cosi' raggiunto l'odierno piazzale Corvetto (allora Ponte di Nosedo, dal nome del borgo situato poco distante, di cui eventualmente si riparlera'), ci dirigiamo verso il borgo di Rogoredo, il cui nome deriva dall'omonima cascina, e che fa chiaramente riferimento ad un bosco di querce (Roburetum, in milanese Rogoree), e di cui alcune fonti narrano essere avvenuta la demolizione, altre dicono coincidere con la cascina Palma (tuttora esistente al di la' della ferrovia).
Cio' su cui tutti concordano e' l'importanza della testimonianza (rimarcata dal fatto che e' monumento nazionale) dell'ex stazione di posta, sita al civico 76 di via Cassinis, ed attualmente ospitante un locale pubblico, ove nel tardo Ottocento poteva sostare e ristorarsi, nonche' cambiare i cavalli, chi viaggiava in diligenza.
Al di la' della ferrovia, attraversata con un passaggio a livello fino alla costruzione, avvenuta durante il ventennio fascista, del cavalcavia Pontinia, si potevano ammirare, fino alla fine del secolo scorso, tre cascine: la gia' citata Palma, quella del Carmine (oggi scomparsa ) e la cascina San Martino (tuttora visibile all'inizio del territorio di San Donato, in frazione per l'appunto denominata San Martino); isolate, erano circondate da prati e filari di gelsi.
Ma alla fine del secolo la rivoluzione industriale porto' a costruire una ferriera a cui, fino a pochi mesi fa, era legato come simbolo il nome di Rogoredo: la Redaelli. In realta' inizialmente la ferriera apparteneva ai Riva, i quali pero', in piena crisi finanziaria, la vendettero nel 1892 appunto ai Redaelli. La ferriera e' attualmente in demolizione.
Insieme alla ferriera sorse l'attuale borgo di Rogoredo (che, a parte qualche espansione attualmente in corso, e del tutto fuori misura, si e' conservato pressoche' intatto), con le case operaie, le ville per gli impiegati (che fino a pochi anni fa si affacciavano sulle acque del cavo Sala, il quale scorreva dando un'immmagine di bucolica riviera analoga a quella di via Idro, sulla Martesana), le scuole e l'enorme complesso sportivo, dove mossero i primi passi, nella squadra aziendale di serie C, futuri campioni di calcio.
L'ultima citazione e' per un protagonista dell'intera strada di cui abbiamo brevemente ripercorso il tragitto: "El Gamba de Legn". Questo simpatico trenino a vapore fu in funzione dal 1880 al 1927, e congiungeva Milano con Melegnano e Lodi, con nove corse giornaliere. La stazione di partenza era sita in Milano, nella zona dell'attuale viale Lazio, e percorreva tutto il corso Lodi fino a Rgoredo, ed oltre.